PESCA SUB : INTERVISTA ESCLUSIVA A SIMONE BELLONI PASQUINELLI. “L’Indro Montanelli della pesca sub’’

Simone Belloni Pasquinelli nato a La Spezia, classe 66, appassionato giornalista di pesca subacquea, profondo conoscitore dell’agonismo di pesca sub, nel quale ha fatto anche una curiosa apparizione. Ha scritto per il portale on line “Apnea Magazine“, punto di riferimento dell’agonismo subacqueo e non solo, per un ventennio.

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Simone Belloni Pasquinelli con un carniere di pesce bianco fiocinato.

Ciao Simone! Finalmente, non è stato facile riuscire ad intervistarti, che piacere! Hai qualche premessa da fare prima che iniziamo con le domande ?

Non sfuggo ad Intro ed Indro, infatti eccomi qui braccia pendule ed armi riposte. Ma non riesco a concepirmi come interlocutore del giornalismo subacqueo, ontologicamente. Non amo essere intervistato o apparire. Sono un de-genere. Il “genere” intervista mi annoia. Non ci trovo nulla di creativo, di edificante. E’ un percorso accidentato e si rischiano accidenti. Ma tu fallo questo fallo. Facciamocelo in tutti i sensi. Ma che rimanga tra te e me. Il parallelismo con Montanelli che hai coniato può anche avere una logica acronimica? R.S.I. = Resilienza Subacquea Italiana.

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Simone Belloni Pasquinelli.

Ti ringrazio! Allora Simone, come hai iniziato ad avvicinarti alla pesca sub ? E come si è intrecciata col giornalismo ?

Per passione. Mi sembravano gesta eroiche. Sfidavo l’ignoto. Sfida ìmpari. Poi i miei avevano un negozio di articoli sportivi e tenevamo la subacquea. Pensa che il rappresentante della Mares era il Marò e veniva regolarmente per gli ordini stagionali. Era fine anni ‘60 primissimi ‘70 e la pesca sub era ancora considerata fascinosa, pionieristica. Ti racconto un aneddoto che oggi sembra risibile: andavo a comprare i quaderni di scuola alla Upim perché sulle copertine di alcune risme veniva stampata l’immagine di un’azione di pesca sub. In camera mia troneggiava il poster di Massimo Scarpati con uno squalo arpionato. Cose epiche. Insomma, come puoi leggere da queste prime righe (e ne parlo a te, solo con te) i prodromi per tuffarmi col fucile ed equipaggiamento,c’erano tutti. E così fu. All’inizio con mio zio, poi con amici qua e là, spesso sconosciuti ma uniti al momento dalla stessa ingordigia. Non sono mai stato un gran pescatore. I miei pesci li ho sempre presi ma non mi sono mai messo completamente in gioco. E questo non te lo puoi permettere se vuoi veramente fare il salto di qualità. Ero molto più legato alla caccia. Però a mare andavo abbastanza regolarmente tutta la stagione. Mi piaceva molto leggere le gesta degli agonisti. Mondo sommerso era l’eccellenza. Lì veramente riuscivi a sentirti vivo, a far parte della cerchia. Cronache indimenticabili, uscivano da inchiostri illustri come quelli di Capodarte, Ripa eccetera. Ecco che questa strada, tramandosi, come una tela invisibile, andò anni dopo a intrecciarsi con Apnea Magazine la E-zine per la quale divenni collaboratore e poi scrittore a tutti gli effetti. Chi scrive è uno scrittore, punto! Se ti pagano e se ti iscrivi all’albo sei anche un giornalista titolato (da titolo, etimologicamente parlando). Io non ho mai preso un euro. Non lo avrei neanche voluto. Avrei perso ogni stimolo. Non m i piacciono le cose fatte per forza (faccio molta fatica pure ora a scrivere: a scrivere seguendo un copione si diventa diaristici). Io scrivo per moto e non per modi ed il mio motore è la passione, il coinvolgimento spontaneo. Avrei voluto scrivere sotto pseudonimo ma la cosa non sarebbe piaciuta al Direttore, così bleffai simpaticamente e per anni mi spacciai per Simone Belloni. Di Simone Belloni in Italia ce ne sono parecchi e così iniziai. A differenza di quello che molti pensavano conoscevo assai bene il mondo agonistico della pesca sub pur non frequentandolo più di tanto. Tutti i suoi piccoli pregi e gli enormi difetti. Mi promisi di starne lontano fisicamente ma dentro con la penna. Non andavo nemmeno ai raduni di Apnea Magazine. Un giorno mi disse Giorgio Volpe di presentarmi perché i lettori ed i collaboratori pensavano non esistessi e che era lui a scrivere sotto falso nome. Era decisamente inutile e dannoso affrontare sul campo eterne discussioni, sentire sesquipedali imbarazzanti e conoscere gente di cui, alla fine, devi per una ragione o per l’altra parlare male. Non mi si fraintenda, ho incontrato anche persone carinissime nel settore, gente con cui si è instaurato un buon rapporto, anche di amicizia, ma sono casi sporadici. I più sono vere e proprie comari, arrivisti, egocentrici, mistificatori per eccellenza e, qualcuno, pure delatore. Magnificatori in purezza (ma de che, poi? Sei primo nello sport più nascosto del nulla?). Per non parlare dei vertici: una pletora politica di bambolòidi. Gente che non è mai cresciuta, infanzia spaesata dell’umanità e che pensa solo alla propria aiuola fatta coi Lego. Vivono nel paradiso pedestre da assoggettazione. Dell’agonismo subacqueo non gliene importa nulla. Lo hanno anche detto in pubblica sede! (io lo sapevo che non dovevo farmi intervistare, cazzo!). E proseguiamo per finirla: guardate il conflitto d’interessi che ha il il direttore tecnico della Nazionale: non è abbastanza per chiarire l’ambientino? Ci senti dentro la Democrazia Cristiana: Scelba,Fanfani. L’unica cosa che rimpiango del mio abbandono è non aver potuto intervistare José Amengual. Ero già in contatto.

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Pesca all’agguato nel Mar Ligure.

Qual’è il campione più vincente della storia ? Anzi, dicci i primi 3.

Ah, qui si fa sul serio allora! Finito con Amengual e ritorno su Amengual. Direi che per vittorie sul campo è inarrivabilmente il numero uno. Poi numero uno anche come persona. Ci ho parlato un paio di volte: all’Eudi e in una prova di Coppa Europa. Sembra un golfista. Al secondo metterei Carbonell ed al terzo Scarpati. Però la pesca sub agonistica non è fatta solo di numerologia. Ci sono altre cose: tempi, sfumature, proporzioni. In questa speciale classifica allora metterei al primo posto Massimo Scarpati: in 9 anni di attività ha vinto 5 titoli nazionali, un Euopeo ed un Mondiale. Inavvicinabile. Come inavvicinabile fu Mazzarri Fine anni ‘80 primi’90. La grande fortuna della Spagna è geografica: ha a disposizione acque Oceaniche e Mediterranee e questo a livello formativo e di produzione di atleti ad alto livello è un vantaggio decisamente importante. Il vivaio cresce ad ampio spettro. Ora, infatti, per me il numero uno Mondiale è Oscar Cervantes, guarda caso un altro Spagnolo.

Quale gara del passato ti ha più entusiasmato e perché? E quale gara del presente?

Penso che gli Assoluti Italiani del 1976 furono a tutti gli effetti la gara per antonomasia. Egadi: cinque giornate, con qualificazioni, semifinali e finali. Roba da non credere! Lì esce per forza di cose l’atleta più preparato, più forte tatticamente, fisicamente ed in pesca. In assoluto direi che questa competizione fu unica ed inarrivabile per difficoltà e pathos. Quando si vince una competizione con una sola giornata è una mezza vittoria per conto mio. Un’altra gara durissima e affascinante su l’Assoluto del 1975 in tre giornate sotto un maestrale che non permise di uscire nemmeno i pescherecci. Si svolse in Sardegna nella splendida cornice di Santa Teresa di Gallura. Bellissimo anche Palau 1985. Come gare fuori dai nostri confini direi il Mondiale di Porto Cristo 1992: profondissimo e in costante. Condizioni meteo al limite. Che spettacolo! Le gare di oggi è dal 2019 che non le seguo più. C’è qualche amico che ancora mi informa, mi manda foto mi racconta cose: lo ascolto solo perché gli voglio bene. Mi fa tenerezza quel modo di voler tirar fuori da me quella curiosità sopita, mummificata e tumulata. Quel voler edulcorare la pillola. C’è affetto, quasi amore. Si sente. Lo percepisco. Ma queste non sono più gare. In una competizione seria quasi tutti avrebbero il diritto di potere avere una chance. Glielo devi, solo per il fatto che è un iscritto, perché spende soldi e perché sa di avere capacità tecniche per cui poter competere. Invece adesso se non vai a 40 metri, con 20 kg di zavorra che ti recupera l’addetto alla tua manutenzione sei tagliato fuori. Regolamenti ad hoc e, oserei dire, ma non lo dico, lo scrivo, imbarazzanti!! (punto esclamativo… anzi due punti esclamativi come disse Totò). Nulla di educativo e formativo. Delle ultime foto ricevute delle pescate dei vari Assoluti, l’unica che mi è rimasta impressa è quella dei 10 saraghi (poi nove validi) di Praiola la prima giornata Campionato Assoluto del 2023. Quella si che è roba seria. Da solluchero! Comunque, per risponderti al quesito, un gran bel Assoluto che ricordo tra gli ultimi fu quello del 2016 a Castelsardo. Tanto pesce e di ottima fattura. Un campo gara aperto a tutti. P.S. c’erano due giovani interessanti ultimamente di nome Gentilino e Konjedic: che fine hanno fatto?

Fiocina si, fiocina no ? E se si, perchè? e con quale arma la preferisci ?

E’ come dirmi “fi” sì o “fi” no? Certo che !! Fiocina assolutamente. Anzi, direi sistema. Ci sono due inarrivabili fiocine sul mercato. La K4 e la K6 prodotte dalla Riolo Sport. Erano e per ora rimangono prodotti imbattibili per qualità e produzione. Il mercato della pesca subacquea è limitato e limitante. Per una grande impresa produrre cose marginali come fiocine o altro è un costo di cui poter fare a meno. Quindi si riducono al minimo i costi di produzione utilizzando materiale spesso scadente o di terza scelta. La fiocina è uno di quegli “orpelli” che subiscono in maniera importante questa pragmatica tendenza aziendale. Ed ecco che si vedono sul mercato oggetti indecenti, costruiti per avere quella forma ma decisamente e solo sembianti. A me certe fiocine suscitano un trasalimento di disgusto. Specie se poi la ditta in questione sforna un prodotto che mostra un’eclatante regressione. Riolo è rimasto sui suoi standard. Elevati, peraltro. Il perché penso sia legato al fatto che lui è un grande utilizzatore delle fiocine ed anche perché è un pignolo. Un perfezionista. Il grande vantaggio di queste fiocine, peraltro decisamente sottovalutato dai più, è quello di poter accoppiargli aste dedicate. Tahitiane con la filettatura che permettono tiri precisissimi anche a fine corsa visto che la punta dell’asta attraversa il corpo in plastica della fiocina fungendo da timone ed irrobustendo il tutto. Altro beneficio, non sottovalutabile a mio modesto parere, è che puoi avere anche avere il “sistema extreme” che alleggerisce il tutto fornendo tahitiane da 6mm. Io è dal 2002 che lo uso. Posso tranquillamente dire la mia. Spettacolare! Unico piccolo difetto è che la punta rastremata della tahitiana è piuttosto rastremata e, ovviamente se impatta con uno scoglio il rischio che si pieghi è elevato. Quindi da usare con attenzione nel caso in cui si sviti la fiocina e ci si appresti a sparare vicino a rocce o in tane molto strette. Il mio fucile preferito è il 55 sul quale monto un’asta estreme un po’ più sporgente del normale da 85 cm e la k4. Mi serve per mirare meglio quando sparo in caduta o all’agguato. Gli elastici sono progressivi: o i sigal reactive da 16 mm o i cressi di egual diametro.

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Lo Baido, Riolo, Belloni Pasquinelli.

Ci racconti della tua esperienza nel mondo dell’agonismo?

Anche qui rischio di sfornare un paradosso che peraltro non sento, emotivamente parlando. Cioè: a me le gare mi hanno sempre affascinato e coinvolto a livello virtuale. Mi emozionano i racconti, mi trascinano gli eventi, mi seducono le gesta tecniche. Scendere in campo invece non mi stimola affatto, Non mi ha mai coinvolto. Mi sono brevettato pescatore subacqueo nel 1994 e ho fatto qualche gara sociale. Ma non me ne fregava nulla. Eppure per natura sono piuttosto competitivo… non so. Di certo so che preparare un campo gara mi annoia. Nel 1996 feci da secondo a Luigi Andreani nelle prove di qualificazione di zona. Credo che lo aiutai una volta solo a preparare il campo. Ma forse neanche. Non ricordo bene. So che alla fine si qualificò. Ma non certo per merito mio. Anzi, sicuramente anche senza di me avrebbe raggiunto l’obbiettivo. Più tardi nel 2002 grazie a Riolo, andai a Follonica per disputare il Campionato Italiano per società a squadre. Con noi c’era anche Giuseppe Lo Baido. Avevo a fianco due fuoriclasse dagli stili opposti. Due maestri “tout court”, come direbbe Bernard (Salvatorì ndr). Il primo, veloce, intuitivo ed esiziale. Il secondo, pragmatico, pratico, essenziale. Ricordo che preparammo due giorni spaziando un po’ tutto il campo gara. Nicola aveva delle mire avendoci fatto un paio di gare anni addietro, ma non trovammo molto pesce. Fondale basso-medio con molta posidonia. Ogni tanto qualche roccetta o morzata tufacea dove potevi incontrare il labride, il sarago, il grongo. Nulla di più. Una curiosità: quei due fenomeni in 5 metri d’acqua trovarono una cernia di 4/5 kg. Non valida ma credo l’unica del golfo. Le faceva compagnia un tordo che Riolo stimava tre etti. Peso minimo consentito. Io pensavo fosse molto meno. (ma ci torneremo più tardi sul labride). La preparazione era chiara: Nicola visitava le mire e Lo Baido cercava pesce attorno, nelle vicinanze. Poi si fermavano anche a fare lunghe planate alla ricerca del posto jolly. Che non trovammo. Ma tutto a pinne. Mai usato il paperino. Alla fine della preparazione avevamo quasi tutto il pesce segnato verso la zona a nord. Alla partenza decidiamo di marcare la compagine del posto, Fabio Della Spora e compagni. Loro partono a sud. Diamine! Tutta la gara in salita pinneggiando verso i nostri punti ma continuando a pescare. Ad un certo punto Riolo mi dice di passargli il “nonsisamai” che è nella borsa. Frugo e trovo un vecchio miniministen armato di asta da 6 mm e k4. “Quando la situazione è complicata questo la risolve!”, mi dice riaffiorando con un grongo fulminato in un buchetto inespugnabile. Da quel momento quel fucile diventerà parte della mia attrezzatura. Tornando alla gara alla fine riusciremo a completare il giro che avevamo studiato a tavolino nonostante l’inizio in salita. Porteremo al peso 4 gronghi ed altri 11 pesci tra saraghi, corvine e tordi finendo alle spalle dei vincitori del Team di casa. P.S. il labride stimato 3 etti era 301 grammi e lo ricordo bene perché misi la faccia a 40 centimetri dalla bilancia durante la pesatura. Una bellissima esperienza.

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Carniere 2° Classificati, Campionato Italiano per Società, Lo Baido, Riolo, Belloni.
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Podio Campionato Italiano per Società, Follonica 2002.

Indubbiamente una bella esperienza! Cosa ti ha fatto allontanare dalla pesca sub e dal giornalismo?

Andiamo con ordine. Io pesco ancora anche se solo d’estate e poco. Purtroppo gli anni passano le cose cambiano e le priorità diventano inevitabilmente altre. “Il tempo diventa tiranno” è un aforisma di una verità inappellabile. Invece il mio allontanamento dal “giornalismo” è dovuto essenzialmente alla mancanza di stimoli e dal suo stravolgimento funereo.

Quali differenze hai riscontrato o riscontri tra l’agonismo del passato e quello di oggi ?

La più evidente è che i Campioni del passato avevano quasi tutti un carisma debordante. Facevano paura solo a pensarli. Oggi abbiamo una serie di presunti Campioncini a campione: tutti con la stessa faccetta e tutti col medesimo sorrisetto che, per me, ha lo stesso fascino di una mosca sul tavolo. Per il resto prima c’era molto più pesce e quindi riuscivi a crescere tecnicamente più in fretta ed il livello era molto alto. Poi, magari, vincevano spesso i soliti ma questo perché erano dei fuoriclasse. Ora dimmi dov’è il fuoriclasse?

Pensi che la pesca subacquea abbia perso un pò di quell’aura di mistero, fascino e segreti tramandati solo a pochi eletti, oggi che la divulgazione digitale e la tecnologia sono alla portata di tutti ?

L’agonismo è morto (giuro che ho visto il funerale e la sepoltura. Ero lì. Ricordo bene i cipressi). La pesca sub vivacchia. L’aura, come la intendi tu, è anni che si è dimessa da sé stessa. Ora è tutto lì, a portata di mano, e chiunque che ha un po’ di fiato e buona tecnica può catturare il pesce della vita. Può togliersi soddisfazioni. La tecnologia ha stravolto tutto nel bene e nel male. Credo che vadano messi dei limiti a questo. Ma è un discorso che non mi interessa affrontare. Recedo (come l’aura) anche io.

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Simone Belloni Pasquinelli con un carniere di sparidi.

Si è parlato di poca meritocrazia in Nazionale negli ultimi anni, ma i risultati danno ragione al CT, che ne pensi ?

Davvero? Accidenti “coito ergo sum!” Ma c’è qualcosa al mondo che non sia un punto di vista, chiedo sommessamente? Comunque non so. Io mi sono fermato al 2019. E fin lì c’era ben poco da gioire. Ah, sì, però ricordo (ora ora) che abbiamo vinto un Mondiale ad Arbatax? Mi pare nel 2021? Sì, l’ultimo Mondiale di pesca sub vinto dall’Italia in casa. Che poi è sempre l’ultimo. Anzi potrebbe essere l’ultimo, dovrebbe essere l’ultimo. Quando si dice: “ l’Italia ha vinto l’ultimo Mondiale…”: ecco, fermati: l’ultimo, appunto.

Avresti qualche suggerimento o qualche idea personale per risollevare le sorti dell’agonismo in Italia?

Se lo avessi lo dimenticai”. Un rito pagano? Una messa di suffragio? Una celeste Tibetana per il rito della reincarnazione? Mi viene in mente questo. Ma perché scomodare tutta questa religione: ne vale la pena?

Parliamo un pò di te, qual’è la tua tecnica preferita e che spot frequenti di solito?

Io pesco a la Spezia. Ultimamente davvero poco. L’80% delle mie pescate è in tana e il restante 20% all’agguato. Una volta le percentuali le invertivo perché spesso pescavo all’agguato con mare mosso in parete Palmaria o Tino. Poi è stato istituito il parco e tutto è cambiato. Non pesco all’aspetto praticamente mai perché mi annoio. Sto lì qualche secondo, poi vedo in lontananza un buco interessante e lo vado subito a visitare. Mi piace la pesca di movimento. All’agguato pesco con l’80ino fusto in carbonio da 26 millimetri o, a seconda del posto e visibilità, con un 100 in alluminio classico. Il 90 lo uso pochissimo, pensa te. Eppure dovrebbe essere il più versatile. Testate chiuse, asta da 6mm doppia aletta e elastici da 16 millimetri morbidi. I miei fucili non sono potenti ma sono dei laser. Se sbaglio è colpa mia (dura lex sed lex).

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Simone Belloni Pasquinelli con un sarago maggiore fiocinato.

Trovi differenze tra carta stampata di un tempo e le riviste di oggi ? E sopratutto cosa pensi rispetto alla divulgazione “social media“ ?

Certo che c’è differenza! Quello è passato, questo è trapassato. Mio dio sono illeggibili. Sono un coacervo di marchette. Negli ultimi anni ne ho letti un paio giusto per rendermi conto, e mi sono reso proprio conto che sono illeggibili. Almeno per me, sia chiaro. Già traevo poco da Laudati che comunque da quello che scriveva trasudava un po’ di passione, di capacità. C’era un sufficiente equilibrio. Ora firmano articoli personaggi illustremente sconosciuti, personaggi che forse potrebbero anche diventare leggibili ed invece proseguono a fare il loro compitino, scrivere l’ultima (e ritorniamo a “ma è sempre l’ultima!”) brochure. Sono libercoli. Vuoi mettere Mondo Sommerso, i primi Pesca Sub (ripeto con tutti i limiti della disciplina). Sarò anche nostalgico ma mica scemo. Chessò gli itinerari di Umberto Cioffi, le cronache di Franco Capodarte, Sergio Scuderi. Poi Guido Pfeiffer, Flory Calò, Gianni Risso, Domenico Drago, Stefano Navarrini. Proseguo? No! Ora se non ci mettessero la firma salverebbero almeno la faccia. Ma loro ci mettono anche quella. E spesso in primo piano. Non me ne vogliano a me fanno anche tenerezza, giuro. I lettori stanno messi peggio. Io non capisco neanche quando leggono me, figurati. Giuro! Mettiamoci l’anima in pace: si parla di misera pesca sub. Siamo dimenticati ancora prima di essere ricordati. Fai l’articolo e firmi Simone (vabbè, Simone no che sono io e mi pare protagonistico). Diciamo lessi su PescaSub, un articolo a firma di un certo Emiliano (il cognome non lo ricordo assolutamente): minutaglia, per rimanere in tema di pesca. Ma mi ripeto, non si ricava granché da Thomas Mann figuriamoci da…

P.S. abbiamo finito questa chiacchierata? Sono un po’ stanco. Un abbraccio Carletto e sopratutto ti auguro tanta fortuna… nella vita.

https://www.youtube.com/channel/UCqbX2cP1MPbUqUBUddQC9AQ/videos

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